lunedì 17 novembre 2014

Dieta vegana e mal di testa: direttamente dai laboratori universitari

Un gruppo di ricercatori americani (Bunner, Agarwal, Gonzales, Valente, & Barnard), affiliati a diverse università (tra cui la California State University e la George Washington University) ha recentemente pubblicato uno studio riguardante gli effetti di una dieta vegana sui sintomi dell’emicrania. I ricercatori sottolineano che, ad oggi, solo pochi studi hanno dimostrato quanto il tipo di alimentazione sia importante nel trattamento dell’emicrania e nella gestione dei suoi sintomi. La maggior parte di questi studi, inoltre, ha avuto come scopo semplicemente quello di identificare quali sono gli alimenti che più comunemente possono scatenare gli attacchi di emicrania. Il loro studio, invece, si è posto come obiettivo quello di determinare gli effetti di una dieta vegana a base principalmente vegetale e a basso consumo di grassi. Cosa hanno fatto i nostri ricercatori? Hanno contattato una serie di persone con diagnosi di emicrania e le hanno selezionate in modo che il gruppo fosse omogeneo e non ci fossero altri fattori che potessero incidere. Hanno quindi ottenuto un campione di 42 persone adulte onnivore o vegetariane che assumevano latticini e uova e le hanno divise a caso in due gruppi. Entrambi i gruppi ricevevano lo stesso trattamento, ma in ordine diverso. In particolare i partecipanti venivano seguiti per 36 settimane di fila ed ecco cosa dovevano fare. Il primo gruppo iniziava con una dieta vegana a basso consumo di grassi (16 settimane) durante la quale gli alimenti che altri studi hanno provato possano scatenare attacchi venivano identificati. Dopo di che ai partecipanti veniva chiesto di tornare alla loro dieta consuetudinaria per le seguenti 4 settimane. Al termine della quarta settimana, ai partecipanti veniva somministrato un farmaco placebo, cioè veniva loro detto di assumere ogni giorno una capsula di un medicinale che, in realtà, era semplicemente un complesso vitaminico. Questo trattamento placebo durava, così come la dieta vegana, per 16 settimane. Il gruppo 2 fa esattamente lo stesso, ma inizia con le 16 settimane di trattamento placebo, poi fa le quattro settimane in cui torna alla vita normale per concludere con le 16 settimane di dieta vegana. Sembra complicato ma non lo è, ve lo riassumo con uno schema:

Gruppo1
Dieta vegana
Niente
Placebo (vitamine)
Gruppo2
Placebo (vitamine)
Niente
Dieta vegana

Tutto chiaro? Bene, proseguiamo. Durante l’intera durata dello studio, i partecipanti comunicavano la frequenza degli attacchi e l’intensità del dolore a ciascun attacco. Anche la dieta veniva controllata periodicamente dagli sperimentatori. I dati sono stati poi raccolti e analizzati con tecniche statistiche, che, in sostanza, permettono di confrontare le diverse condizioni a cui il gruppo è stato sottoposto, vedere se ci sono delle differenze e se queste differenze sono solo casuali oppure hanno davvero significato. 
Ed ecco cosa hanno trovato. Il loro campione nel periodo di dieta vegana ha riportato una significativa riduzione del dolore durante l’attacco e una diminuzione del numero di attacchi se confrontato con il periodo in cui veniva assunto il placebo. Perché? L’emicrania sembra essere causata da infiammazioni e vasodilatazione. Ora:
1. diversi alimenti vegetali hanno un alto contenuto di elementi anti-ossidanti e anti-infiammatori
2. la dieta vegana esclude uno dei maggiori fattori scatenanti dell’emicrania: i latticini
3. la carne ha riconosciute proprietà infiammatorie
Fate due più due e il gioco è fatto. I ricercatori comunque non escludono che, almeno in parte, questo effetto sia dovuto anche al fatto che la dieta vegana ha effetti positivi sul peso forma, sul livello di colesterolo e sulla produzione di alcuni ormoni, ma qui scendiamo troppo nei dettagli. Gli stessi autori comunque tengono a rimarcare pregi e difetti di questo studio ed esprimono la necessità di ulteriori esperimenti…soprattutto perché alcuni partecipanti che, dopo la dieta vegana, dovevano tornare alla “normalità” si sono rifiutati. Questo sicuramente supporta il fatto che i benefici erano senz’altro ben percepiti dai partecipanti, ma ha comportato qualche difficoltà nel confrontare le diverse condizioni!
La (mia) conclusione è che, se soffrite di emicrania o mal di testa frequenti, provare a modificare la vostra dieta non vi costa nulla, anzi. Come vi ho raccontato, ci sono diversi studi che dimostrano come una dieta vegana che abbia come base la frutta e la verdura non possa che fare bene sotto tantissimi aspetti. 
Se siete interessati a leggere l’articolo originale questi sono i riferimenti:

Bunner, A. E., Agarwal, U., Gonzales, J. F., Valente, F., & Barnard, N. D. (2014). Nutrition intervention for migraine: a randomized crossover trial. The Journal of Headache and Pain, 15(1), 69. doi:10.1186/1129-2377-15-69

http://www.thejournalofheadacheandpain.com/content/15/1/69 (lo trovate a questo link, è in inglese).

Un’ultima cosa, per rendere la lettura accessibile anche ai non addetti ai lavori, ho semplificato molto il lavoro di questi ricercatori e potrebbe sembrare che in quattro e quattr’otto questi studi si decidano, si facciano, si pubblichino e ciao. Errore – l’iter è lunghissimo e può richiedere anni di lavoro, di sforzi, frustrazioni e difficoltà. Quindi un applauso a queste persone!
Mi auguro che questo post non sia risultato troppo noioso e complicato. Buona settimana a tutt*!
Giunchiglia

domenica 9 novembre 2014

Come cucinano le giunchiglie: “Gli spaghetti dell’Orso”

 "Guarda con gli occhi di un altro e scopri cosa vuol dire essere fratelli."
Koda fratello orso, Walt Disney, 2004




Ultimamente sono assorbita dal mio lavoro e passo molto (troppo) tempo al pc. Morale della favola? Qui se qualcuno non cucina, c’è il rischio che si saltino i pasti o che si mangino schifezze. Ed ecco che è nata questa ricetta, chiamata dal suo creatore “Spaghetti dell’Orso”. Ero molto scettica perché gli esperimenti culinari ursidi si sono rivelati in passato o colpi di genio estremi o disastrose sconfitte. Comunque chi si trova la “pappa pronta” non può fare lo schizzinoso, quindi io apprezzo sempre gli sforzi e gli esperimenti! Questa volta, come avrete capito, è stato un colpo di genio assoluto, da leccarsi i baffi. 


Una precisazione. La ricetta nasce con gli spaghetti di riso, che non sono propriamente nostrani, anche se mi sembra che qualche azienda che produce riso anni fa avesse tentato di proporre una linea di pasta di riso. Comunque, questa versione, anche se ha tinte asiatiche, è ottima per gli intolleranti al glutine, tutti gli altri, possono usare spaghetti normali o qualunque altra pasta, direi. 



Procedo con la descrizione della ricetta.



Ingredienti:

- Spaghetti (noi di riso)
- 1 lattina di fagioli cannellini
- 1 zucchina
- 1 cipolla piccola (o ¼ di una normale)
- Olio extravergine d’oliva
- Passata di pomodoro
- Sale


Procedimento:

se usate gli spaghetti di riso, riempite una pentola di acqua fredda e immergetevi la quantità desiderata di spaghetti…e dimenticatevi della loro esistenza. Scaldate un po’ d’olio in una padella e fate soffriggere la cipolla. A questo punto unite la zucchina tagliata a cubetti e, dopo un po’, i fagioli cannellini scolati e sciacquati. Cuocete fino a che i fagioli non risulteranno un po’ secchi (sostanzialmente fateli tostare!). A questo punto aggiungete mezzo bicchiere di passata di pomodoro ed, eventualmente, un po’ d’acqua (se il sugo vi sembra troppo asciutto). Cuocete per qualche minuto e aggiustate di sale. A questo punto andate a recuperare gli spaghetti di riso, che si saranno un po’ ammosciati. Scolateli e buttateli nella padella insieme al sughetto. Fate saltare fino a che non si saranno ammorbiditi del tutto. 


Ecco qua gli Spaghetti dell’Orso!


Buona settimana,


Giunchiglia


venerdì 7 novembre 2014

PIZZOCCHERI IN VERDE




Buongiorno a tutti!
Stasera ricetta espressa, cotta e pubblicata!
E' super sia dal punto di vista del gusto che da quello nutrizionale quindi non perdo tempo.
Mettiamoci all'opera e nel giro di mezz'ora, quarantacinque minuti al massimo si mangia!

INGREDIENTI

Pizzoccheri
Coste, verza o entrambe
Cipolla
Prezzemolo a volontà
Olio evo
Sale e pepe qb

PREPARAZIONE

Rosolate in padella la cipolla con un filo d'olio evo ed una volta ben rosolata (se vi piacciono potete aggiungere le vostre spezie preferite) aggiungete verza e coste tagliate a listarelle. Cuocete a fuoco medio aggiungendo acqua di tanto in tanto se necessario, finché la verza sarà morbida.
Mentre la verdura cuoce mettete sul fuoco una bella pentola d'acqua dove cuocerete i pizzoccheri e preparate la salsa verde (non dovrete far altro che frullare tanto prezzemolo in un buon mixer aggiungendo olio qb fino ad ottenere una bella salsa tipo pesto e infine aggiustate di sale). Quando l'acqua bolle salate e tuffate i pizzoccheri che dovranno cuocere 10-12 minuti circa. Infine basterà saltare i pizzoccheri in padella con le verdure e per finire, una volta spento il fuoco, aggiungere salsa verde qb.
E ora buon appetito a tutti!

E SE VOLESSI METTERE LE MANI IN PASTA?!

Ecco accontentato chi vuole fare le cose come si deve facendo tutto quanto in casa come una vera massaia e anche chi, non vivendo nella ridente Lombardia, non riesce a reperire il glorioso pizzocchero nella propria zona. E' molto semplice, vi basterà munirvi di farina di grano saraceno e normale farina bianca, nello specifico nelle dosi di 2\3 di farina di grano saraceno e 1\3 di farina bianca. Ora non dovrete far altro che aggiungere un pizzico di sale e acqa poco alla volta, impastando finchè non otterrete un bel panetto sodo ma elastico.
Ora armatevi di mattarello e stendete una sfoglia dello spessore di tre mm circa. Suddividete la sfoglia in strisce larghe una decina di centimetri. Infine infarinate bene queste strisce (come fogli di lasagna), sovrapponetele e tagliate allegramente i vostri pizzoccheri che saranno così pronti per essere tuffati in acqua bollente salata con l'aggiunta di un filo d'olio per scongiurare la possibilità che si attacchino l'un l'altro.
Non saprei dire il tempo esatto di cottura ma dovrebbe aggirarsi in torno ai 15 minuti. Assaggiate e non sbaglierete!

Ovviamente come la normale pasta fresca può anche essere essicata ed usata successivamente.


A presto

Primula

domenica 2 novembre 2014

Stanchi di sentirvi rigidi come statue? Provate il pilates!

Mia nonna sgridava sempre me e mia sorella perché dopo pranzo ci mettevamo a guardare i cartoni animati sul divano a testa in giù. Sì, proprio con la testa piantata sul divano e le gambe sul muro dietro. Non si capacitava come potessimo digerire. Quando facevo i compiti, uguale: posizioni infattibili, piedi ovunque, schiena tutta storta. Adesso il mio lavoro (e il fatto di essere un po’ nerd) mi impone di stare ore seduta davanti al pc e le mie pessime abitudini in fatto di postura non sono cambiate, anzi, semmai sono peggiorate. Non vi dico i dolori al collo, alla schiena, quell’orribile dolore pungente tipico da mouse. Credo che la corsa mi abbia un po’ salvata in questi anni, ma devo dire che fino a un paio di anni fa ero rigida come un baccalà sotto sale (che poi, parlare di baccalà sotto sale in un blog vegano non è proprio il massimo, ma concedetemi il paragone e che il baccalà riposi in pace). Tipo che piegandomi a gambe unite e tese le mie mani non andavano oltre le ginocchia. Ecco, nemmeno la mia bisnonna era messa così.   
Così mi sono fatta coraggio e mi sono riavvicinata al pilates. Dico “ri” perché ci fu un primo incontro, direi non troppo entusiasmante e vi spiego subito il motivo. Il pilates è un tipo di attività che va fatta con molta cura e attenzione, si gioca tutto lì: i movimenti richiesti sono fini e vanno fatti in modo estremamente preciso. Per fare un esempio, è come quando da piccoli ci hanno messo in mano per la prima volta un pennarello con la punta fine e dovevamo colorare restando nei bordi: devi fare attenzione, punto e basta. Ecco. In molte palestre gli istruttori devono guardare anche 20, 30 persone per volta. Ora, se l’esercizio richiede un movimento molto fine e preciso, mi spiegate come il povero istruttore può controllare che tutta la truppa lo faccia bene? Secondo, i frequentatori dei corsi nelle palestre sono dei più disparati in termini di età, aspettative, preparazione fisica, passato sportivo eccetera. Se una come me, priva di memoria motoria, va a fare il corso di step o di zumba, si sente una cretina per le prime due volte e poi non va più, fine. Ma nel pilates non ti accorgi che stai sbagliando, a meno che l’istruttore non te lo faccia notare. Gli esercizi in sé non sono difficili da riprodurre nella maggior parte dei casi. Quindi, insomma, dopo la mia prima esperienza ero abbastanza delusa: non sentivo alcun beneficio e, soprattutto, mi annoiavo a morte. Nulla di positivo. Poi ho avuto una grande opportunità, cioè quella di avere una persona che mi insegnasse gli esercizi a tu per tu, mi correggesse e mi aiutasse a migliorare. Mezzora alla settimana (ma intensa!) e dopo 2 mesi le mie mani non solo avevano superato le ginocchia, ma con le dita toccavo il pavimento. Ad oggi la mia routine prevede tre serie di tre o quattro esercizi ciascuna, ogni serie ripetuta tre volte e si conclude con un'ultima serie di solo stretching, anche questa ripetuta tre volte. Ci sono diversi tipi di pilates (e vi rimando a Internet per ulteriori informazioni su storia eccetera), quello che pratico io non prevede l’uso di nessun attrezzo, quindi può essere tranquillamente fatto sul pavimento di casa o su un prato. Si chiama “matwork” proprio perché il mat (cioè il tappetino) è tutto quello che serve. 
I benefici che ne ho tratto sono davvero innumerevoli. Mi sento molto più flessibile, non ho mai male al collo o alla schiena, raramente (tipo due volte all’anno rispetto a tutti i giorni) sento quel dolore pungente sotto alla scapola tipico da mouse e, di solito, è in concomitanza con periodi in cui lavoro in modo particolarmente intenso e mi alleno meno. Sono meno “gobba” perché i muscoli addominali e dorsali sono più forti e mi aiutano a stare dritta. Inoltre, mi piace e mi rilassa molto, anche quando faccio fatica. 
Avevo pensato di proporre delle routine, ma mi risulta difficile spiegare gli esercizi a parole – come sempre il modo più semplice è una dimostrazione pratica. Quindi ecco il mio consiglio: cercatevi una palestra piccola, magari uno studio dove facciano pilates e basta (o pilates e yoga o altre discipline simili), oppure cercate un insegnante valido  e organizzatevi in gruppi piccoli, in modo da dividere la spesa. Imparate tutto quello che potete e poi esercitatevi, siate costanti e non arrendetevi, anche se all’inizio vi sentite rigidi e goffi. Guadagnate quel piccolo millimetro ogni volta nella strada che separa le vostre mani dal pavimento. Presto godrete di incredibili benefici, garantito! 

Spero che questo post vi sia stato utile e che vi abbia invogliato a provare questa bellissima (e utilissima) disciplina. 

Buona settimana a tutt*,
Giunchiglia

domenica 26 ottobre 2014

Vegani on the road: mangiare a Buenos Aires


Desde que se fue triste vivo yo,
caminito amigo yo también me voy.
Desde que se fue nunca más volvió,
seguiré sus pasos, caminito, adiós.
El Caminito, 1926

Partiamo dalla fine. Tratta Buenos Aires – Santiago: mi viene assegnato un posto vicino a una coppia con un bimbo di 18 mesi o giù di lì, mentre la mia compagna di viaggio ha un posto poco più indietro. Accenno un cordiale “Hi!” alla coppia e sorrido al bambino. Mi siedo e attendo che l’aereo decolli. La coppia parla spagnolo. Poco dopo il decollo arrivano gli assistenti di volo a portarci uno spuntino: panino con prosciutto e formaggio, sulle tratte corte spesso non si possono richiedere menù speciali, ma io ci provo lo stesso, dicendo: “I’m a vegetarian…” e nel dirlo sento un coro spagnolo alle mie spalle che dice “Somos vegetarianos…”. Scoppiamo tutti a ridere e iniziamo a chiacchierare (l’assistente di volo ci procura lo spuntino della prima classe, nel frattempo e lo dividiamo da buoni fratelli veg). Mi raccontano come sia difficile essere vegetariani a Buenos Aires, non parliamo di essere vegani. Sono stati vegani per quasi 10 anni, ma poi era troppo difficile e impegnativo. Mi dicono che essere vegetariani comporta di per sé escludere quasi a priori il lusso di mangiare fuori. Mi rincuoro: a livello alimentare i miei 12 giorni a Buenos Aires sono stati una lotta perenne. 
Ricominciamo dall’inizio, quindi, e facciamo un paio di precisazioni. Se viaggi in un Paese famoso per la carne, se viaggi con un gruppo di Australiani e Inglesi e se non sei in vacanza, ma ad un convegno mondiale a cui è concessa una mini pausa per rifocillarsi, e se non vuoi isolarti socialmente dal resto del gruppo,  scordati la tua bella e controllata dieta vegana. Giorno 1, dopo quasi 20 ore di viaggio (se mai doveste viaggiare con Qantas ordinate il pasto vegano anche se non lo siete: squisito!) avevamo fame. Sembra una barzelletta, ma siamo in 4: due Australiani, un Inglese ed io. I miei colleghi si dimostrano gentili e cerchiamo insieme un ristorante adatto. Dopo varie peregrinazioni (Buenos Aires, sera tardi, pioggia torrenziale), mi accontento di un ristorante pseudo-italiano e ordino un piatto di cannelloni, pensando “Per una volta mica mi farà male”. Il pensiero era del tutto sbagliato, ma avrei scoperto ben presto a mie spese che l’opzione latto-ovo era il male minore. Per la colazione mi procuro presto del latte di soia (nel mio spagnolo claudicante chiedo al supermercato se hanno latte di soia o di riso, il ragazzo mi sorride e mi dice “Forse tra i succhi” e mi accompagna…solo soia e sapore dolcissimo, ma va bene! Unisco cereali normali, quelli ci sono) e la colazione è salva. Insomma, i giorni si susseguono, i primi 4 piuttosto dolorosi, con crampi alla pancia, perché il mio stomachino, evidentemente, non era più abituato ai latticini, poi inizia ad andare meglio. Scopro che la frutta e la verdura sono ridicolmente economiche e ci sono tantissimi mini fruttivendoli che la vendono, non bella ma davvero buona. Purtroppo nessuno di questi è vicino al centro congressi, quindi faccio scorta di frutta, ma devo ancora pensare a un pasto principale. Scoviamo una specie di gastronomia che fa le famose empanadas ripiene di verdure e (ovviamente) formaggio a 12 pesos l’una (poco più di 1 euro), mio nutrimento per quasi l’intera conferenza. Alla sera alterno tra cene di sola frutta e pasta con sugo rosso assicurandomi che non ci siano formaggio e uova. Un giorno il convegno ci offre un pranzo al sacco. Avevo contattato l’organizzatrice per chiedere un’opzione veg, ma sono stata ignorata. La ragazza dello staff cerca di convincermi che il contenuto è vegetariano, ma le faccio notare che i panini sono col pollo. Lei mi guarda stupita e mi conferma: “Yes, chicken is vegetarian!”. Ringrazio e mi prendo la mia busta, scoprendo che ci sono anche due panini pomodoro e mozzarella e un brownie, distribuisco il resto tra i colleghi. L’organizzazione del convegno non contempla in nessun modo opzioni prive di carne, pesce, latticini, uova o glutine. Un collega è celiaco e anche lui rimane spesso a bocca asciutta. Ad una serata organizzata dal convegno conosco due ragazze vegetariane e ci teniamo in contatto. Vi lascio la lista di locali veg o veg-friendly (con indirizzo) che abbiamo trovato durante il convegno, caso mai potessero essere utili a qualcuno:


  • Buenos Aires Verde, Gorriti 5657
  • Arevalito, Arevalo 1478
  • Krishna Veggie, Malabio 1833
  • Greenlife, Corrientes 1915
  • Hierbabuena, Caseros 454
  • Lotos, Cordoba 1577
  • Los Sabios, Corrientes 3733
  • La Reina Kunti, Humahuaca 3461
  • Curcuma, Sarmiento 3685
  • Spring Restaurante, Guatamala 4452


Personalmente sono stata al ristorante Hierbabuena nel quartiere di San Telmo e lo raccomando assolutamente. Il quartiere è davvero caratteristico, l’interno del locale è molto carino, hanno opzioni vegane e gluten free per tutto e piatti vegani da menù. Oltre a questo sono estremamente cordiali, e, anche se non parlate la lingua (parlano un discreto inglese), si fanno in quattro per comunicare con voi (come del resto ovunque a BA). In quanto ai prezzi, per una prospettiva europea diciamo che siamo nella fascia media, mentre per Buenos Aires non è proprio economico. Hanno anche qualche (poche) opzioni con pesce, ma quella sera era tra i piatti del giorno, mentre sul menù era tutto veg. Pare che le colazioni siano spaziali. Sono andata con 3 colleghi onnivori e hanno davvero apprezzato. 
Detto questo, mi è stato assolutamente consigliato il sito Happy Cow (http://www.happycow.net/), da consultare prima di ogni viaggio per identificare i posticini in cui mangiare veg. Non l’ho ancora utilizzato, ma lo sperimenterò prestissimo e vi farò sapere! 
Per concludere, cibo a parte, ho assolutamente amato Buenos Aires, il tango, la cordialità delle persone e il loro modo amichevole di approcciarsi. Il convegno è stato molto interessante, ma credo che un meeting mondiale debba assolutamente tenere conto delle esigenze dietetiche di ognuno (dato che i costi di questi convegni sono anche sempre molto alti), perché chiunque, chi per religione, chi per salute, chi per motivi etici, ha il diritto di poter scegliere cosa mangiare. Mi spiace non aver chiesto ai nuovi amici veg sull’aereo un contatto perché lei è una pediatra specializzata in nutrizione ovviamente vegetariana e vegana e sarebbe stato interessante approfondire l’argomento, ma tra la brevità del volo, il mio orribile spagnolo e il suo inglese arrugginito, più un bimbo che si stava (giustamente) spazientendo, la conversazione non è stata delle più agevoli. 
Vi lascio sulle note di un tango argentino e con la speranza di sperimentare presto una empanada tutta vegan.
Hasta luego! 
Giunchiglia

giovedì 16 ottobre 2014

MIGLIO CON VERDURE SALTATE IN PADELLA


Buongiorno!
Oggi vi propongo una ricetta semplice ma di sicuro successo. E' molto gustosa ed altrettanto sana e ricca di nutrienti importanti per tutta la famiglia. Il protagonista principale è il miglio, per i più un illustre sconosciuto! Per molti si tratta semplicemente di cibo per canarini mentre in realtà, oltre a far felici i canarini, è un ottimo cereale fonte di nutrienti importanti come le vitamine del gruppo A e del gruppo B, oltre a calcio, ferro, potassio magnesio e acido folico. Quindi mi pare evidente che sia un cereale da riscoprire! Inoltre è privo di glutine, ottima notizia per gli amici celiaci ma più in generale per tutti noi che tendenzialmente abusiamo di un unico cereale. Indovinate? Il frumento. Troppo glutine non fa bene a nessuno perciò impariamo a utilizzare in cucina tutti i cereali che la natura ci offre, tra cui per l'appunto il miglio!
Questa è una ricetta semplice, ma pian piano scoprirete che il miglio ha mille utilizzi ad esempio per fare le polpette, per i dolci, per le zuppe....
Devo agli amici del Punto Macrobiotico la scoperta di questo super cereale, di cui loro fanno saggiamente largo uso.

INGREDIENTI

  • 1 bicchiere di miglio
  • 2 ½ bicchieri d'acqua
  • un po' di sale marino
  • carote e carciofi (oppure carote, zucchine, piselli freschi o surgelati e pomodorini aggiunti a crudo alla fine)


PREPARAZIONE


Lavate con acqua corrente il miglio utilizzando un colino. Cuocetelo in pentola con acqua (leggermente salata) in quantità pari a due volte e mezzo il suo volume (mettere il miglio in acqua subito, non aspettate che bolla). Da quando inizia a sobbollire il miglio avrà bisogno di circa trenta minuti per cuocere (dovrà essere abbastanza morbido, senza il cuore duro). Io utilizzo di solito la pentola a pressione per accorciare i tempi; in questo caso, a seconda del tipo di pentola, i tempi si ridurranno alla metà o a un terzo del tempo indicato (tempi calcolati dal fischio).
Nel frattempo potete soffriggere in padella con olio le verdure che avete scelto. Le carote e le zucchine vanno tagliate a fiammifero mentre i carciofi a fette sottili. Se vi piace potete insaporirle con curry o altre spezie di vostro gradimento. Quando il miglio sarà cotto e avrà assorbito tutta l'acqua l'ideale è stenderlo all'interno di una pirofila ampia, aggiungere un filo d'olio e tenerlo sgranato con la forchetta di tanto in tanto in modo da scongiurare il rischio che si trasformi in una palla! Una volta sgranato (anche con le mani una volta raffreddato un po') è il momento di aggiungere il condimento di verdure sempre all'interno della pirofila.
E' buono sia mangiato come insalata tiepida che scaldato al forno. Se poi siete abili nell'arte dell'autoproduzione di formaggi vegani fatti in casa potete anche esagerare gratinandolo al forno cosparso con il vostro formaggio casalingo!

NOTA FINALE

le proporzioni d'acqua per questa ricetta fanno si che si ottenga un miglio ben cotto ma non tendente a spappolarsi (gergo tecnico). Se invece volete fare una bella polentina di miglio la proporzione di acqua è di 4 tazze circa per una di miglio, che in questo caso dovrà cuocere più a lungo fino a sfaldarsi e creare una polentina ( si può fare ad esempio una polentina di miglio e carote rosolando in pentola a pressione tre-quattro carote a tocchetti ed aggiungendo poi il miglio ed infine l'acqua).

Buon appetito!

A presto
Primula

giovedì 25 settembre 2014

Elle McPherson o Tania Cagnotto? La ragione (e il benessere) sta nel mezzo

Tania Cagnotto e Francesca Dellapè a Sanremo
You are beautiful 
No matter what they say 
Words can't bring you down


Christina Aguilera, "Beautiful", 2002


In alcuni Paesi, come l’Australia, l’attività fisica è tenuta in altissima considerazione. Non è raro, infatti, vedere persone fortemente obese in fuseaux da corsa o persone con chiome argentate nei parchi di prima mattina a fare ginnastica. Pur ammirando profondamente sia gli attivissimi over 65 sia le jogger in sovrappeso, inizialmente devo ammettere che mi hanno sorpresa. Dovete sapere che Giunchiglia cerca sempre una spiegazione a tutto, la maggior parte delle volte ha anche delle teorie molto precise che tenta in tutti i modi di corroborare con fonti scientifiche (non sempre riuscendoci, ovviamente!). Tornando a noi, mi sono chiesta perché. Perché mi sorprendeva? Perché in Italia le nonne cucinano torte deliziose e i nonni giocano a bocce, nel peggiore dei casi guardano la tv, ma di certo non siamo abituati a vederli in pantaloncini e maglietta a fare ginnastica alle 6 del mattino. O andare in palestra. Perché in Italia le donne si vergognano del loro corpo e pensano che i fuseaux da corsa siano solo “per chi se lo può permettere”. Incredibile, vero?
Probabilmente la nostra dieta ci ha permesso in passato di mantenerci in forma senza tanti sforzi, ma oggi? Dati recenti hanno mostrato che l’obesità è in aumento in tutte le fasce di età, soprattutto tra i bambini. Non solo, in generale i disturbi alimentari (anoressia, bulimia…) sembra che siano ugualmente in aumento. Cosa ci sta succedendo? Il rapporto con il cibo è cambiato negli ultimi decenni, così come il rapporto con il nostro corpo e con la nostra immagine, e non parlo solamente della popolazione femminile.
Durante lo scorso Sanremo sono state invitate le due tuffatrici azzurre, Tania Cagnotto e Francesca Dallapè. Le due atlete, come forse qualcuno ricorderà (e chi non lo ricorda può guardare l’immagine a inizio pagina), indossavano abiti con profondo spacco, che metteva in mostra le gambe muscolose. Qualche giornalista si è permesso di scrivere che era “da querela” mostrare quelle loro “gambotte” in prima serata. Quella giornalista era una donna. Che ci sembri normale una donna di 180 cm per 50 kg, ma che ci scandalizzi una di 160 cm per 54 kg (Tania, secondo Wikipedia) è un chiaro sintomo che stiamo sbagliando qualcosa. Non credo di dire nulla di nuovo quando dico che il muscolo pesa più del grasso. È non è solo una questione estetica! Personalmente preferisco le gambe della Cagnotto che quelle di certe modelle, ma è chiaramente un parere soggettivo. Quello che non è soggettivo è che quando i muscoli addominali e dorsali sono solidi non ci viene il mal di schiena, anche se stiamo per ore al pc. Non è soggettivo che una gamba muscolosa ci sostiene meglio e aiuta le ossa a fare il loro lavoro (una gamba muscolosa in una donna in menopausa aiuta le ossa femorali deboli, ad esempio). Poi, calma, ci sono quelle che nascono come Elle McPherson e basta. Ma riflettiamo un secondo: tu, donna cinquantenne, che hai avuto due bellissimi figli, che hai una casa a cui badare, che ti sei sposata e nessun media se n’è accorto, che lavori tutti i giorni, cucini, fai la spesa. Tu, uomo cinquantenne, che sei papà di due fantastici ragazzi, che aiuti tua moglie nelle faccende di casa, che tieni la contabilità e che lavori tutti i giorni da una vita. A voi, quanto serve avere la pelle perfetta e i pettorali scolpiti? Diciamoci la verità: Elle McPherson e colleghi hanno lavorato tutta una vita puntando sul loro aspetto fisico, ci mancherebbe a 50 anni cadessero a pezzi! Per l’amor del cielo, il loro lavoro è quello di essere belli e in forma, grazie tante.
Non avremo mai il ventre teso che le star hanno due giorni dopo aver partorito né i pettorali di Brad Pitt a cinquant’anni, ma possiamo essere sani e in forma. Possiamo dirlo ai nostri figli e ai nostri nipoti, possiamo ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e di diabete, possiamo evitare rotture del femore in tarda età. È tutto nelle nostre mani. Quindi, mettetevi quei pantaloni aderenti e non abbiate paura di uscire a fare una corsa: quelli che guardano avranno solo da invidiarvi, per la vostra voglia di stare bene e perché state pensando al vostro futuro. Dimagrite per stare meglio, non per essere alla moda. Le mode passano e i vestiti vecchi si buttano. Non abbiate paura di avere un fisico tonico e muscoloso, vi terrà dritti e in piedi più a lungo. Mangiate sano e con moderazione, non per privarvi di “coccole caloriche”, ma per coccolare i vostri muscoli e le vostre ossa. Molta è la strada da fare per cambiare le idee che abbiamo rispetto al benessere, ma il percorso è iniziato e io ne approfitterei. E voi?

Buona giornata e alla prossima,
Giunchiglia

venerdì 19 settembre 2014

RAVIOLI ALLE MELANZANE



Buongiorno!
Questa volta vorrei proporre una ricetta per i giorni speciali, i giorni di festa in cui si ha più tempo di cucinare e mettere le mani in pasta. Uno di quei giorni in cui si può cucinare tutti insieme, magari anche con i bambini, abilissimi impastatori! Insomma, se avete deciso di coccolare un po' la vostra famiglia o stupire gli amici questa è la ricetta giusta :-)
Unico attrezzo necessario è la macchina per tirare le sfoglie di pasta (a casa mia denominata più amichevolmente “nonna papera”); a meno che non siate provette sfogline bolognesi in grado di fare magie con un semplice mattarello ne avrete bisogno!
Mettiamoci al lavoro!

INGREDIENTI PER LA PASTA

  • 360 gr farina di semola
  • 2 cucchiai olio evo
  • una presa scarsa di sale
  • acqua qb (o il succo di una barbabietola rossa se la volete rosa!)

Per ottenere un giallo simile a quello della classica pasta all'uovo potrete utilizzare dello zafferano.

INGREDIENTI PER IL RIPIENO

  • melanzane a cubetti
  • cipolla e carota
  • sale e pepe qb
  • curry o altra spezia a piacere qb
  • pan grattato (da usare se necessario)

PREPARAZIONE

Per prima cosa mettete le melanzane a scolare per un'ora circa in un colapasta. L'ideale è schiacciarle con un peso in modo che l'acqua fuoriesca più facilmente, insieme al tipico retrogusto amarognolo.
Nel frattempo preparate la pasta riunendo in una ciotola tutti gli ingredienti secchi e l'olio ed aggiungendo l'acqua o il succo di barbabietola poco alla volta. Dovrete ottenere un bel panetto sodo e omogeneo ma morbido. Ora avvolgete con pellicola trasparente e lasciate riposare per una mezz'oretta circa (questo serve a fare in modo che la maglia glutinica si rilassi, così da facilitare il vostro lavoro nella fase successiva).
Nel frattempo preparate il ripieno. Basterà soffriggere in una pentola capiente cipolla e carota a dadini con un filo d'olio e curry qb. Ora immergete in questo sfrigolio meraviglioso la dadolata di melanzane (precedentemente strizzate e asciugate con un canovaccio) e saltate e fuoco medio finché la melanzana sarà ben cotta. Una volta raffreddato potrete frullare il tutto fino ad ottenere un bel ripieno sodo. Se necessario si può aggiungere un po' di pan grattato. Aggiustate di sale e pepe e mettete da parte.
Ora è il momento di agganciare al tavolo la nonna papera e mettersi all'opera! Prendete una parte della pasta e fatela passare più volte, ripiegandola su stessa, all'interno dei rulli posizionati su una tacca piuttosto spessa per poi passare allo spessore che desiderate per i vostri ravioli (io di solito utilizzo la seconda tacca, la prima è molto fine e temo che in cottura i ravioli si possano rompere). Le strisce di pasta che avrete ottenuto si possono sovrapporre in attesa di essere utilizzate, purché ben infarinate.
Ora potrete comporre i ravioli! Su di una sfoglia posizionate dei mucchietti di ripieno (circa un cucchiaino abbondante per raviolo) abbastanza distanziati tra loro. Spennellate un po' d'acqua attorno a ciascuno e adagiatevi sopra un'altra sfoglia. Ora con la santa pazienza dovrete fare in modo che il ripieno venga avvolto perfettamente dalla pasta e non si crei aria al suo interno, altrimenti si potrebbe rompere in cottura. E' più difficile spiegarlo che farlo, vedrete che basterà far aderire bene i due strati di pasta con la punta delle dita e il gioco sarà fatto! Ora potrete tagliare i singoli ravioli con la rotella.
Ora basta bollirli in abbondante acqua salata con aggiunta di un filo d'olio. Non cuoceranno in tre minuti come quelli del signor Rana, ma in dieci-dodici minuti dovrebbero essere pronti.
Io li ho conditi con un semplice sughetto di pomodorini e basilico, e voi come li preferite?

Ovviamente la pasta in questione può trasformarsi in tagliatelle, foiade...

Buon appetito!

A presto

Primula

venerdì 12 settembre 2014

Intervista col vegano: Stefano e il Ned Kelly Australian pub

"Such is life" 
(Così è la vita)

Ned Kelly, 11-11-1880, dal patibolo di esecuzione

Oggi inizia una nuova serie di post. Ogni volta vi proporremo un punto di vista diverso sull’alimentazione vegana. 
Oggi intervistiamo Stefano. Stefano è il proprietario (insieme ad Ulisse) di un bellissimo pub in provincia di Biella (in fondo i dettagli). Perché abbiamo deciso di intervistare proprio lui? Perché il menù prevede un’ampia scelta di piatti vegani, insieme ad altri classici piatti “da pub”…ed il posto di Stefano, insieme ad altri quattro colleghi, è in cucina.




Stefano, grazie mille per averci dedicato il tuo tempo! 
Ehi, ciao! Bene, esordisco subito con il dirti che non sono molto pratico con questi blog, post eccetera, ma se in qualche modo posso essere utile a concimare un po' il veganesimo…ben venga! Ti risponderò con sincerità!

Ottimo inizio, direi. Hai voglia di raccontarci un po’ la tua storia e quella del Ned Kelly Australian Pub?
Quando aprii il Ned insieme ad Ulisse nel ‘95, avevo circa 26 anni, ero carico come una bomba, non avevo una lira e mi nutrivo di pasta, carne, pizza e formaggio. Facevo due lavori, fumavo Lucky, bevevo Jack, mi allenavo, dormivo poco e facevo un sacco di cose divertenti. Sì, gli animali mi piacevano un sacco, sono cresciuto con cani gatti. Inoltre tutte le estati, da ragazzino, andavo in campagna nel Monferrato e stavo insieme alla mia amica Paola e ai contadini. Si faceva il fieno, si raccoglievano i pomodori, le pesche eccetera. Ho sempre provato rabbia e disagio quando vedevo maltrattare o uccidere animali, ma, come molte persone, mangiavo carne e pesce ugualmente.

E poi?
Ho “magnato” carne a volontà fino a circa trent'anni forse trentatrè poi, dopo un giro tra le bestie del mio amico Andrea, che ha un agriturismo, e a lot of carinerie nei confronti delle varie pecore, capre, mucche, maiali, cani, gatti, galline, cavalli ed altro, sono andato a riempire il mio, allora tirato, ventre nell'adiacente sala ristorante. A quel punto mi sono chiesto: COSA CxxxO STO FACENDO? Li sto mangiando...sto mangiando i fratelli, i genitori, i qualche caspita di cosa di quei deliziosi animaletti che prima accarezzavo! No, non va bene. Quindi? Ho smesso, punto! Dall'oggi al domani. Basta.

E come è stato il passo dal vegetariano al vegano?
Mettiamo subito in chiaro una cosa: io non nasco salutista! Molti pensano che io sia un salutista, ma in verità non me l'hanno mai chiesto, e la loro è solo una loro idea. È stato solo in seguito all'avvicinamento all’alimentazione vegana che mi sono interessato agli aspetti nutrizionali in senso stretto, perché ho intuito che c'era qualcosa che mi sfuggiva. Penso che tutte le persone dovrebbero interessarsi a ciò, giusto solo per il motivo che alla fine il cibo che ingeriamo ha un'importanza elevata sulla qualità della nostra salute…a meno che uno non voglia bruciare la sua vita in una trentina scarsa di anni in stile Joplin! Comunque credo che chi fa una scelta vegana solo in base alla "salute" perda l'essenza, la purezza, la grandiosità dell'opportunità di rifiutare la  violenza nei confronti dei deboli solo per il soddisfacimento dei propri capricci. Uno che non ha un cxxxo da mangiare e si mangia un'antilope non è paragonabile a chi, con carta di credito, contanti e supercar ha accesso a mille e più supermercati, botteghe e similari che offrono ogni cosa! Quindi, da onnivoro a vegetariano: nessun cambiamento di rilievo, da vegetariano a vegano: un netto miglioramento. Credo però che il grande problema fossero i molti formaggi che mangiavo.

Cosa c’entrano i formaggi?
Il non mangiar carne non evita l'ancor forse peggior mondo del latte e dei suoi derivati! Mentre ero vegetariano, mi si è aperta una nuova finestra nel mio cervellino e finalmente, istantaneamente, improvvisamente, inaspettatamente, ho avuto un intuizione: bere latte non è meglio di mangiar carne, anzi…forse...ma non approfondiamo! Che dire? Questo è per ora il mio viaggio.

Una domanda un po’ piccata. Nel tuo locale viene servita carne a volontà…e sei tu a cucinarla. Questo non si scontra un po’ con la tua “etica”?
I dilemmi morali. Ok, sì cucino carne, sì, mi viene discretamente bene. Sì, la gente lo vuole. Sì, mi dà noia farlo. Sì penso che il mercato lo faccia il consumatore e, sì, spero che  nel mio futuro non ci sia più: promuovo alternative. Tutti noi abbiamo bisogno di input, di un fattore scatenane, il mio è stato quell'agriturismo, quello di un altro potrebbe essere il tuo blog! Comunque, vai tranquilla, la massa non sa un cxxxo di alimentazione, zuccheri aminoacidi eccetera. Qualcuno, specie tra gli sportivi, sa qualcosa in più, ma, in generale, tutti sono ancora convinti che sia la carne a far crescere i muscoli, qualcuno ancora pensa che ci siano proteine di serie a b o c e non che sia un problema di aminoacidi. 

E il tuo socio cosa pensa delle alternative?
Cosa pensa Ully? Be’, non so cosa pensi nel suo intimo, ma tutte le mie proposte son sempre state accettate, anche se è evidente che la maggior parte della richiesta non è vegan. C'è però una buona richiesta, ci sono diversi vegani in giro, purtroppo spesso sono un po’ troppo fighetti e forse non riusciamo ad accontentarli, ma una parte degli “uomini con le antenne” viene e mangia e si beve pure la sua fxxxxxa birra. Sai, io non sono proprio un amante di tutte quelle persone che in qualche modo se la tirano, quindi vegan sì, ma vegan popular e sempre rock. Rock non è solo legato alla musica, anzi, rock è un approccio alla vita, ma questa, come direbbe il Liga, è un'altra storia. Quindi Ully è d'accordo, anche se il decimo milione di euro non lo guadagneremo con il tacos di lenticchie (ovviamente scherzo sugli euro!). Comunque, un imprenditore che oggi non tenesse in considerazione le esigenze di chi ha deciso di seguire diete diverse è, a parer mio, quantomeno miope!

C’è chi pensa che i vegani siano più deboli. Prima mi hai detto che nella tua vita da onnivoro “ti allenavi”. Adesso pratichi ancora sport?
Prima mi allenavo in una palestra di karate, poi ho cominciato a correre, poi ho frequentato una palestra di pesistica (parallelamente ho sempre corso), poi ho nuotato (ed ho sempre corso), sono andato sempre in montagna, fatto un po' di trial, enduro, esercizi a casa, sci...Boh che ti devo dire, niente di particolare, mica un atleta che fa i risultati, piuttosto un amatore del fare esperienze e stare in forma. Faccio normalmente 3 corsette da 10 /14 km a settimana con il mio cane e spesso con Eleonora (nrd, la ragazza di Stefano), si va in montagna, in barca a vela, in moto ...insomma niente di eccezionale. Solo vita. Non so se l'alimentazione vegana ha influito sullo sport, in verità non mi frega nulla, non sono mai stato niente di particolare e non m'interessa esserlo, non ho il motore, la genetica, chiamala come vuoi. Quindi, non so dire se l’essere vegani aiuti o penalizzi le prestazioni sportive.

Certo, a giudicare dalla quantità di sport che hai elencato non sembra che l’alimentazione vegana abbia influito negativamente! Ultima domanda. A caldo, perché diventare vegani?
I vegani puzzano meno (ride). Gli onnivori rispondono “poco testosterone”. Maybe. Però un sacco di animali vivi. Stay rock, stay vegan rock!

Grazie mille, Stefano per il tuo tempo e le tue risposte. 

Se volete andare a trovare Stefano e mangiare “vegan-rock”, il suo locale si chiama Ned Kelly Australian Pub (Vigliano, Biella). 
Trovate qui tutte le info: http://www.nedkellypub.it/ 

Prestissimo una recensione come si deve del locale, il preferito di Giunchiglia, che, dopo tutto, è una giunchiglia…ma rock!

A presto e buon weekend a tutt*!
Stay rock, stay vegan rock,

Giunchiglia



domenica 7 settembre 2014

FOCACCIA SOFFICE DELLA CASA



Buongiorno!
Oggi vi propongo con orgoglio la focaccia a modo mio :-)
Dopo aver provato tante ricette dai blog degli esperti di pasta madre (vi consiglio ad esempio questi tre: Creando si imparaPat pan di pane e Il crudo e il cotto, troverete ricette strepitose), finalmente sono riuscita a creare la mia miscela preferita. Questa è una focaccia semplice e molto soffice, ottima anche fredda (nel senso che non si trasforma in un'arma contundente!). Considerando i tempi di lievitazione con pasta madre è anche molto rapida.
Nella mia ricetta ho utilizzato una piccola parte di farina di semi di canapa, che dona all'impasto un bel carattere e una nota “ruvidina” che si sposa benissimo con la morbidezza generale della pasta. La canapa è molto più nostrana di quanto si pensi, infatti nel nostro paese veniva coltivata largamente finché è stato possibile. Ora per fortuna sta tornando. La canapa è una meravigliosa pianta in grado di adattarsi praticamente a tutti i climi, ricca di impieghi ed estremamente versatile. Con la canapa possiamo infatti fare tessuti, corde, la possiamo mangiare, possiamo fare un po' di tutto! Vale quindi sicuramente la pena di riscoprirla.
Se però nel frattempo non vi fosse ancora capitata sottomano niente paura, potrete tranquillamente sostituirla con l'altrettanto nobile farina di grano saraceno, che darà sicuramente un effetto molto simile.
Io utilizzo sempre il mio licoli (lievito madre liquido) per panificare, quindi la ricetta prevede originariamente questo tipo di lievito ma con l'aiuto dei convertitori che si trovano in internet (e il prezioso aiuto di Francesca Boscolo di Creando si impara!) ho aggiustato le dosi per gli altri tipi di lievito. Come sempre si tratta di indicazioni di massima, quindi non stupitevi se sarà necessario aggiustare un po' le quantità di acqua e farina.

INGREDIENTI (con licoli)

150 gr licoli (va bene anche un esubero di un giorno al massimo)
230 gr circa di acqua
300 gr farina tipo 0
70 gr farina di semola
30 gr farina di semi di canapa (oppure di grano saraceno)
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaio abbondante di olio evo + un po' per la superficie

VARIAZIONI CON PASTA MADRE SOLIDA

230 gr pasta madre solida
330 gr farina totale (di cui 70 gr semola e 30 canapa o saraceno)
320 gr acqua
sale e olio come da ricetta con licoli

VARIAZIONI CON LIEVITO DI BIRRA

300 gr farina tipo 0
230 gr circa acqua
70 gr farina di semola
30 gr farina di canapa o saraceno
Lievitino con lievito di birra (10 gr se fresco panetto, 4 gr se secco): sciogliere il lievito con 75 gr d'acqua tiepida e un po' di zucchero, lasciar riposare qualche minuto in modo che inizi a formare una schiumetta in superficie. A questo punto aggiungere 75 gr di farina e lasciar riposare 20 minuti circa o finché non iniziano a formarsi delle bollicine. Ora potete procedere come da ricetta.
sale e olio come da ricetta con licoli.

PER IL CONDIMENTO (come nella foto)

5 ramati privati dell'acqua di vegetazione e tagliati a fettine
un po' di sale e pepe

per il condimento (variante)

abbondanti semi di girasole (circa due manciate generose)
pepe a volontà



PREPARAZIONE

Stemperare il lievito prescelto con la quantità d'acqua indicata nella ricetta
(se utilizzate lievito di bitta dovrete stemperare il lievitino nell'acqua). Aggiungere l'olio e le farine ed in ultimo il sale. Impastare per qualche minuto, fino ad ottenere un impasto liscio e morbido. Lasciar riposare 15 minuti circa prima di fare le pieghe (qui potrete vedere come si fa, sono necessarie per fare in modo che l'impasto incorpori bene l'aria e possa lievitare al meglio). Riporre l'impasto in una ciotola leggermente unta d'olio e coperta con un panno umido. Lasciar riposare in un luogo possibilmente tiepido e al riparo dalle correnti d'aria per circa 1,5-2 ore. I tempi sono abbastanza indicativi, ma di solito un paio d'ore sono sufficienti. Non è necessario che sia raddoppiato di volume, basta che si sia gonfiato un po'. A questo punto potrete stenderlo con le mani nella teglia (con carta forno se non antiaderente). Per ottenere una focaccia piuttosto alta, come nella foto, potrete stendere l'impasto in una teglia tonda con diametro di circa 30 cm, se la preferite più bassa basterà usare una teglia più grande.
Ora potrete divertirvi facendo le classiche fossette della focaccia con la punta delle dita e poi cospargendo un po' d'olio e acqua ed infine farcendo con i pomodori a fettine (fateli entrare bene nell'impasto, che così ne assorbirà l'umidità e non vi ritroverete con una focaccia troppo asciutta).
Ora potrete riporla nel forno spento (se fa freddo potrete intiepidirlo un po') e lasciarla lievitare per altre 2-4 ore circa. Se state usando una pasta madre rinfrescata da poche ore, quindi bella attiva, ne basteranno due mentre se si tratta di esubero potrebbe richiedere più tempo. Con il lievito di birra due-tre dovrebbero bastare.
Ora possiamo infornare la nostra focaccia a 200 gradi per trenta minuti circa (prima di sfornare controllate che il fondo abbia preso un bel colore dorato).
E adesso la possiamo gustare!

Spero apprezziate la mia ricetta :-)
Per consigli, domande e suggerimenti io sono qui!

A presto

Primula

venerdì 5 settembre 2014

Unire l'utile al dilettevole: il meditar camminando (in compagnia)!

Quando inizi a capire 
che sei solo e in mutande 
quando inizi a capire 
che tutto è più grande 
C'era chi era incapace a sognare 
e chi sognava già 

Negrita, "Ho imparato a sognare", 1997



Con un po’ di ritardo, ecco il secondo post inerente la meditazione. Questa volta vi vorrei suggerire un nuovo esercizio che amo particolarmente. Può essere fatto da chiunque, anche dai bambini, e sarà un modo carino per coinvolgere anche loro ed introdurli alla pratica della meditazione (a breve un post riguardante la meditazione e i bambini). 
Semplicemente uscite a fare una passeggiata, quasi più facile della tazza di tè, no? Vi consiglio di andare con un’altra persona perché così l’esercizio è più stimolante, ma si può fare anche da soli, ad esempio mentre camminate per andare al lavoro. Si parte: ognuno ha a disposizione 7 minuti durante i quali dovrà elencare a voce alta 3 elementi percepiti all’esterno di sé e 3 all’interno, poi di nuovo 3 interni, seguiti da 3 esterni, così via per 7 minuti. L’altra persona dovrà stare in silenzio, semplicemente passeggiando a fianco al compagno, ascoltandolo e controllando il tempo. Quando i 7 minuti saranno passati, sarà il turno dell’altra persona, che, a sua volta dovrà elencare 3 elementi esterni e 3 interni, e così via fino allo scadere dei 7 minuti. L’esercizio dura in tutto, quindi, circa un quarto d’ora, ma potete ripeterlo fino a che volete. A un certo punto, quando avete deciso di terminare l’esercizio, potete sedervi da qualche parte (o rincasare!) e concedervi qualche attimo per riflettere sulla vostra esperienza. Potreste anche discuterne col vostro compagno di meditazione, oppure solo con voi stessi. La domanda più importante che vi dovete porre è questa: per me è più semplice percepire gli elementi esterni o quelli interni? La maggior parte delle persone ha molta più facilità a notare il tronco di un albero piuttosto che l’elastico delle calze che preme sulla gamba. È sbagliato? Ovviamente no, ma avrete modo di rendervi conto che siamo davvero poco abituati a prestare attenzione a quei piccolissimi dettagli che ci permettono di conoscere chi siamo, dove siamo, come ci sentiamo davvero. L’altro vantaggio di questo esercizio è che inizierete ad imparare a “lasciare andare” i pensieri. Poniamo che abbiate quel vecchio dolorino al ginocchio che vi fa impazzire quando camminate a lungo. Iniziate la vostra passeggiata e dopo un po’ il vostro ginocchio inizia a gridare: bastaaa, siediti, idiota, mi stai facendo male! E voi iniziate a figurarvi tutti gli scenari peggiori e proprio non riuscite a distogliere l’attenzione da quel ginocchio. Ecco, avrete mille altre cose da notare, ma notatele e basta. Sospendete il giudizio, non lasciate che un uccellino che canta su un ramo vi trascini in una serie infinita di pensieri: è un uccellino che canta su un ramo. È il mio solito dolorino al ginocchio, benvenuto dolorino, sapevo saresti arrivato. È una foglia su un ramo. Punto. 
Per fare un piccolo esempio, io in questo momento vedo lo schermo del computer, sento gli uccellini cantare e sento il profumo di incenso. Sento l’elastico che mi stringe i capelli, sento i tasti del computer e sento prurito sulla guancia sinistra. 

Scoprirete presto che il mondo interiore è incredibilmente ricco di dettagli, che sono lì solo per essere scoperti. Vi lascio con questo piccolo esercizio che spero possiate condividere!
Buon weekend a tutti e alla prossima,
Giunchiglia

mercoledì 3 settembre 2014

PASTA ALLA SAN GIORGIO



Buongiorno a tutti!
Continuiamo con le ricette super semplici, questo filone mi piace! Un pò perchè non abbiamo sempre tempo di creare favolosi manicaretti e un pò perchè mangiare senza derivati animali significa anche, e soprattutto direi, piatti semplicissimi della tradizione mediterranea. Inoltre, se vi trovaste nel pieno dello sconforto in un ristorante non proprio vegetarianissimo scommetto che una pasta così non ve la negherebbe nessuno :-)
Il nome è del tutto ipotetico, mi spiego meglio: questo è il nome che mia nonna ha sempre attribuito a questa pasta amata profondamente da tutti noi nipoti. Non ho idea da dove venga e se il buon San Giorgio abbia davvero qualcosa a che fare con codesto piatto, comunque sia per me rimarrà sempre la pasta alla San Giorgio della mia nonna Adele. Se qualcuno avesse notizie in merito sono tutt'orecchi!
Si tratta davvero di un sugo dalla semplicità imbarazzante ma, nelle varie cene con amici e parenti, ho scoperto che molte persone rimangono stupite da questo abbinamento. Insomma, o siamo solo noi rudi bergamasachi ad ignorare tale bontà oppure è il momento che tutti la scoprano o la riscoprano!
Buon appetito a tutti, sia che siate rudi montanari, sia che siate abitanti di terre più basse :-)

INGREDIENTI

La vostra pasta preferita
Pesto (basilico, pinoli, olio e sale qb, il tutto frullato)
Sugo di pomodoro (passata di pomodoro cotta con un semplice soffrittino di cipolla, sale qb)

PROCEDIMENTO

Terribilmente complesso, preparate il numero di telefono di Gordon Ramsay, vi servirà.
Quando la vostra pasta prediletta sarà pronta conditela con pesto e pomodoro, in parti uguali o con prevalenza dell'uno sull'altro, come più vi aggrada.
Vi assicuro che si sposano meravigliosamente :-)
Inoltre rispetto al solo pesto, questo abbinamento vi permetterà di rendere la pasta meno calorica, specialmente se il vostro pesto non deficita di olio ;-)

a presto

Primula

martedì 2 settembre 2014

Come cucinano le giunchiglie: torta salata senza glutine

Io voglio passare ad un livello successivo, 
voglio dare vita a ciò che scrivo. 
Sono paranoico ed ossessivo fino all'abiura di me. 

Caparezza, "Abiura di me", 2008



Fino a quattro anni fa questo post sarebbe stato fulmineo perché la risposta sarebbe stata “poco e male”. Il discorso è che un conto è seguire una ricetta passo a passo quando hai tempo, un altro è creare. Ecco, fino a che era seguire le istruzioni andavo anche bene, in tutti gli altri casi andavo un po’ in panico. La rivoluzione è iniziata quando sono diventata vegetariana, ma la vera svolta è stata trasferirsi all’estero: senza fruttivendolo Peppino che mi regala un frutto da quando ho memoria, senza Naturasì, senza i grembiulini blu a righine sottili bianche dei commessi dell’Esselunga, senza la confortante linea “green” della Coop. Senza riferimenti. Quasi per caso scopro che la mia vecchia amica Primula, in patria, condivide con me la scelta vegetariana, solo che, a differenza mia, è una casalinga modello. Facciamo insieme un percorso guidato di 21 giorni vegani e vediamo come va. Come sempre il nostro approccio è diversissimo: io super razionale, peso, misuro, controllo. Ma, oddio come mi piace imparare cose nuove! E allora…boom! Proviamo, sperimentiamo, uniamo, pensiamo fuori dagli schemi, troviamo soluzioni. Scrivo a Primula se posso fare certi abbinamenti, cosa fare se ho quasi ammazzato la mia pasta madre, le elenco il contenuto del mio frigo e della mia dispensa per cucinare una cena decente. Poi provo da me. La sfida più grande è stata oggi: dovevo preparare qualcosa per un gruppo di persone tra le quali c’erano due ragazze celiache. Challenge accepted! Farò delle torte salate vegane e senza glutine. Ammetto di essere consapevole che l’avocado e la farina di riso non facciano proprio parte della tradizione “nostrana”, ma concedetemelo: non sono la cuoca ufficiale del blog e, tutto sommato, sono alimenti che si possono tranquillamente trovare nei nostri supermercati e dal fruttivendolo (ed entrambi  vengono prodotti anche in Italia). Ok, basta scuse, vi allego la ricetta.

Per la pasta brisé ho usato:
- 125 gr. di farina di riso
- 125 gr. di farina di mais
- 4/5 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
- ½ cucchiaino di sale
- Acqua tiepida q.b.
Per il ripieno ho usato:
- Verdura mista (carote, broccoli, cavolo verza, funghi champignon)
- Olio extravergine d’oliva
- 1 avocado maturo
- Succo di mezzo limone
- Sale e pepe q.b.

Prima di tutto mescolate le due farine con cura, poi aggiungete il sale e continuate a mescolare. A questo punto aggiungete l’olio d’oliva e mischiate con le mani fino ad ottenere una consistenza briciolosa. Se non avete mai cucinato con queste farine, non aspettatevi la consistenza della normale brisé: vi sembrerà di mischiare della sabbia, ma abbiate fiducia. Quando vi sembra che l’olio sia ben accorpato, iniziate ad aggiungere l’acqua. Vi consiglio di aggiungerne pochissima alla volta e di monitorare la consistenza: non deve essere troppo idratata, altrimenti non cuoce bene il fondo. Dopo di che, avvolgetela nella pellicola trasparente e mettetela in frigo a riposare per almeno mezzora (meglio anche un po’ di più).
Nel frattempo tagliate le verdure a pezzetti e fatele saltare in padella con un po’ di olio d’oliva. A parte schiacciate l’avocado con una forchetta, aggiungete il succo di limone e un po’ di sale. Se le verdure che avete scelto non hanno rilasciato molti liquidi, allora aggiungete anche un filo d’olio, quindi mischiate la salsina di avocado con le verdure cotte. Togliete la pasta dal frigo e stendetela su una tortiera, facendo attenzione di creare un po’ di bordo, bucherellate il fondo e versate dentro al guscio il mix di avocado e verdure. Mettete in forno preriscaldato a 180 gradi per circa mezzora. Et voilà!

Le giunchiglie cucinano così: sperimentano, chiedono e a volte fanno delle schifezze che neanche un gatto morto di fame si mangerebbe. Ma la prendono con filosofia e ci riprovano. Questo giro le è andata bene…solo al secondo tentativo!

A presto,
Giunchiglia