domenica 26 ottobre 2014

Vegani on the road: mangiare a Buenos Aires


Desde que se fue triste vivo yo,
caminito amigo yo también me voy.
Desde que se fue nunca más volvió,
seguiré sus pasos, caminito, adiós.
El Caminito, 1926

Partiamo dalla fine. Tratta Buenos Aires – Santiago: mi viene assegnato un posto vicino a una coppia con un bimbo di 18 mesi o giù di lì, mentre la mia compagna di viaggio ha un posto poco più indietro. Accenno un cordiale “Hi!” alla coppia e sorrido al bambino. Mi siedo e attendo che l’aereo decolli. La coppia parla spagnolo. Poco dopo il decollo arrivano gli assistenti di volo a portarci uno spuntino: panino con prosciutto e formaggio, sulle tratte corte spesso non si possono richiedere menù speciali, ma io ci provo lo stesso, dicendo: “I’m a vegetarian…” e nel dirlo sento un coro spagnolo alle mie spalle che dice “Somos vegetarianos…”. Scoppiamo tutti a ridere e iniziamo a chiacchierare (l’assistente di volo ci procura lo spuntino della prima classe, nel frattempo e lo dividiamo da buoni fratelli veg). Mi raccontano come sia difficile essere vegetariani a Buenos Aires, non parliamo di essere vegani. Sono stati vegani per quasi 10 anni, ma poi era troppo difficile e impegnativo. Mi dicono che essere vegetariani comporta di per sé escludere quasi a priori il lusso di mangiare fuori. Mi rincuoro: a livello alimentare i miei 12 giorni a Buenos Aires sono stati una lotta perenne. 
Ricominciamo dall’inizio, quindi, e facciamo un paio di precisazioni. Se viaggi in un Paese famoso per la carne, se viaggi con un gruppo di Australiani e Inglesi e se non sei in vacanza, ma ad un convegno mondiale a cui è concessa una mini pausa per rifocillarsi, e se non vuoi isolarti socialmente dal resto del gruppo,  scordati la tua bella e controllata dieta vegana. Giorno 1, dopo quasi 20 ore di viaggio (se mai doveste viaggiare con Qantas ordinate il pasto vegano anche se non lo siete: squisito!) avevamo fame. Sembra una barzelletta, ma siamo in 4: due Australiani, un Inglese ed io. I miei colleghi si dimostrano gentili e cerchiamo insieme un ristorante adatto. Dopo varie peregrinazioni (Buenos Aires, sera tardi, pioggia torrenziale), mi accontento di un ristorante pseudo-italiano e ordino un piatto di cannelloni, pensando “Per una volta mica mi farà male”. Il pensiero era del tutto sbagliato, ma avrei scoperto ben presto a mie spese che l’opzione latto-ovo era il male minore. Per la colazione mi procuro presto del latte di soia (nel mio spagnolo claudicante chiedo al supermercato se hanno latte di soia o di riso, il ragazzo mi sorride e mi dice “Forse tra i succhi” e mi accompagna…solo soia e sapore dolcissimo, ma va bene! Unisco cereali normali, quelli ci sono) e la colazione è salva. Insomma, i giorni si susseguono, i primi 4 piuttosto dolorosi, con crampi alla pancia, perché il mio stomachino, evidentemente, non era più abituato ai latticini, poi inizia ad andare meglio. Scopro che la frutta e la verdura sono ridicolmente economiche e ci sono tantissimi mini fruttivendoli che la vendono, non bella ma davvero buona. Purtroppo nessuno di questi è vicino al centro congressi, quindi faccio scorta di frutta, ma devo ancora pensare a un pasto principale. Scoviamo una specie di gastronomia che fa le famose empanadas ripiene di verdure e (ovviamente) formaggio a 12 pesos l’una (poco più di 1 euro), mio nutrimento per quasi l’intera conferenza. Alla sera alterno tra cene di sola frutta e pasta con sugo rosso assicurandomi che non ci siano formaggio e uova. Un giorno il convegno ci offre un pranzo al sacco. Avevo contattato l’organizzatrice per chiedere un’opzione veg, ma sono stata ignorata. La ragazza dello staff cerca di convincermi che il contenuto è vegetariano, ma le faccio notare che i panini sono col pollo. Lei mi guarda stupita e mi conferma: “Yes, chicken is vegetarian!”. Ringrazio e mi prendo la mia busta, scoprendo che ci sono anche due panini pomodoro e mozzarella e un brownie, distribuisco il resto tra i colleghi. L’organizzazione del convegno non contempla in nessun modo opzioni prive di carne, pesce, latticini, uova o glutine. Un collega è celiaco e anche lui rimane spesso a bocca asciutta. Ad una serata organizzata dal convegno conosco due ragazze vegetariane e ci teniamo in contatto. Vi lascio la lista di locali veg o veg-friendly (con indirizzo) che abbiamo trovato durante il convegno, caso mai potessero essere utili a qualcuno:


  • Buenos Aires Verde, Gorriti 5657
  • Arevalito, Arevalo 1478
  • Krishna Veggie, Malabio 1833
  • Greenlife, Corrientes 1915
  • Hierbabuena, Caseros 454
  • Lotos, Cordoba 1577
  • Los Sabios, Corrientes 3733
  • La Reina Kunti, Humahuaca 3461
  • Curcuma, Sarmiento 3685
  • Spring Restaurante, Guatamala 4452


Personalmente sono stata al ristorante Hierbabuena nel quartiere di San Telmo e lo raccomando assolutamente. Il quartiere è davvero caratteristico, l’interno del locale è molto carino, hanno opzioni vegane e gluten free per tutto e piatti vegani da menù. Oltre a questo sono estremamente cordiali, e, anche se non parlate la lingua (parlano un discreto inglese), si fanno in quattro per comunicare con voi (come del resto ovunque a BA). In quanto ai prezzi, per una prospettiva europea diciamo che siamo nella fascia media, mentre per Buenos Aires non è proprio economico. Hanno anche qualche (poche) opzioni con pesce, ma quella sera era tra i piatti del giorno, mentre sul menù era tutto veg. Pare che le colazioni siano spaziali. Sono andata con 3 colleghi onnivori e hanno davvero apprezzato. 
Detto questo, mi è stato assolutamente consigliato il sito Happy Cow (http://www.happycow.net/), da consultare prima di ogni viaggio per identificare i posticini in cui mangiare veg. Non l’ho ancora utilizzato, ma lo sperimenterò prestissimo e vi farò sapere! 
Per concludere, cibo a parte, ho assolutamente amato Buenos Aires, il tango, la cordialità delle persone e il loro modo amichevole di approcciarsi. Il convegno è stato molto interessante, ma credo che un meeting mondiale debba assolutamente tenere conto delle esigenze dietetiche di ognuno (dato che i costi di questi convegni sono anche sempre molto alti), perché chiunque, chi per religione, chi per salute, chi per motivi etici, ha il diritto di poter scegliere cosa mangiare. Mi spiace non aver chiesto ai nuovi amici veg sull’aereo un contatto perché lei è una pediatra specializzata in nutrizione ovviamente vegetariana e vegana e sarebbe stato interessante approfondire l’argomento, ma tra la brevità del volo, il mio orribile spagnolo e il suo inglese arrugginito, più un bimbo che si stava (giustamente) spazientendo, la conversazione non è stata delle più agevoli. 
Vi lascio sulle note di un tango argentino e con la speranza di sperimentare presto una empanada tutta vegan.
Hasta luego! 
Giunchiglia

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